TRAIETTORIE
un progetto a cura di Valerio Malorni
D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.(Italo Calvino)
In una metropoli preda dell’entropia, questo progetto si propone di accendere il senso di orientamento di ciascuno dei partecipanti per trovare un centro senza navigatore, attraverso rapporti che si fanno legami, immaginazioni che si fanno realtà. Percorsi che si fanno viaggi, intrecciando le traiettorie di ciascuno. Le città spesso non hanno più piazze: le piazze di oggi sono i luoghi culturali; la scuola è una di questi, il teatro uno ‘strumento umano’ per poterla abitare.
In accordo e di concerto con il progetto Roma, una città mille colori, si propone un percorso laboratoriale per un lavoro di gruppo, relazionale, emotivo ed espressivo. Un percorso che si muove tra la capacità delle nuove generazioni di creare e immaginare luoghi che rispecchino la loro idea di società e la loro sensibilità nel riconoscere e leggere dietro alcuni territori, spazi ed elementi urbanistici-architettonici, simboli e rappresentazioni di realtà interiori e immaginari collettivi.
Stimolo da cui partire sono le città invisibili di Calvino, che articolandosi secondo l’età di riferimento, potranno essere una bussola per aprire rotte verso quell’orizzonte che è il delicato senso dell’abitare. Un senso per le nuove generazioni spesso così difficile da cogliere, rapite da una confusione tra luoghi reali e virtuali, in una società multietnica e inter-culturale che stenta a mettere a sistema la ricchezza della differenza.
Il teatro è uno strumento per mettere in gioco i rapporti umani, in continuo divenire, e lasciar emergere il legame tra emozioni e movimento, tra ciò che sento e ciò che faccio. Il teatro crea rapporti tra chi guarda e chi agisce: tra le vie di Roma possiamo ritrovarci e sentirci al contempo attori e spettatori, viandanti ed esploratori, invisibili individui e comparse di un film ancora tutto da scrivere, o semplicemente, e non di rado, ritrovarci curvi sul cellulare per trovare una strada che non guardiamo.
Nel 2022, in un mondo così pieno di intrattenimento digitale, non possiamo lasciar crescere le nuove generazioni senza che diano ‘corpo al corpo’, ai pensieri, alle sensazioni, ad un senso profondo e consapevole di appartenenza ed empatia con il mondo che ci circonda: lo dice la storia, lo dice la drammaticità di questo momento che stiamo vivendo, lo dicono gli scienziati e i poeti. Giocare al teatro nel teatro del mondo, abitare il proprio corpo in una tensione verso l’altro, verso il fuori, assieme, in un gruppo. La prima città siamo noi, il nostro corpo, con le sue strade, le sue piazze, i suoi ingorghi. Roma è allora da una parte l’oggetto di un indagine, dall’altra uno spunto per il lavoro che s’intende compiere assieme, un’apertura verso quello che accade al di là della finestra, guardare fuori per guardarsi dentro e riuscire a immaginare un altra città possibile. In un mondo urbanizzato che stenta a trovare lo spazio per prendere posizione difronte alle differenze, riflettere attraverso il teatro per sentirci simili, incredibilmente uguali e diversi. Crescere è aprire un sentiero fatto di orme, proprie e altrui, e si apre camminando, cercando l’orizzonte dell’autonomia come dell’amicizia, della solidarietà e dello spirito collaborativo.
La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scrive Calvino.
IL PROGETTO
Una città è come un animale. Possiede un sistema nervoso, una testa, delle spalle e dei piedi. Ogni città differisce da tutte le altre: non ce ne sono due uguali. (John Steinbeck)
Il percorso intende muovere i primi passi dalla città percepita e percorsa, passando per alcuni elementi urbanistici comuni e propri della città in cui si vive, per approdare ad una città ideale, che non esiste, ma che si può sognare, scrivere e mettere in scena. A partire dalla strada che ogni giorno porta alunni e alunne a scuola, strada per ognuno diversa, indagare e conoscere le traiettorie di ciascuno che inevitabilmente portano tutte allo stesso centro: la classe. L’aula come luogo privilegiato da cui osservare il resto della metropoli, e, grazie anche al confronto con alcune ‘Città Invisibili’ di Calvino, immaginare una città diversa, come la si desidera.
I vari passaggi del processo verranno esperiti attraverso il teatro, nel suo farsi racconto di parola, di corpo, muto o cantato, utilizzando lo spazio nel suo creare rapporti e luoghi interiori. A seconda del numero di incontri si può prevedere un confronto con le altre classi, così come verrà coniugato il percorso a seconda dell’età di riferimento, in accordo con le insegnanti.
Il laboratorio si propone di lavorare nel solco della pedagogia dell’espressione, ricercando tutti i mezzi comunicativi a disposizione dell’essere umano per poter esprimere una personale visione del mondo e una sensibilità unica di se stessi. Il corpo, la mani, la voce, lo sguardo e lo spazio, il canto e la parola, musica e danza, la scrittura e il disegno, saranno strumenti con cui stimolare e richiamare l’attenzione degli alunni all’esplorazione delle proprie percezioni, del proprio sentire, del proprio farsi essere umano. Il teatro aiuta a coltivare un’empatia, attraverso i rapporti che crea tra chi di volta in volta si fa spettatore e chi attore, mette in gioco il gruppo classe per un’esperienza collettiva, in cui da una parte nel confronto con l’altro definiamo la nostra identità, dall’altra, nella forza di riconoscersi gruppo, ci si rafforza come singolo e come classe. E si cresce, assieme.
Prima siamo noi a dare forma agli edifici, poi sono questi a dare forma a noi. (Sir Winston Churchill),